AREZZO – Le politiche sociali devono essere scisse
dalle politiche per la sicurezza: le prime, infatti, devono fornire risposte
alle emergenze vissute dalle persone e, soprattutto, sono una forma di
prevenzione delle seconde. La posizione è dei Popolari per Arezzo e rappresenta
una risposta alle dichiarazioni della giunta che, al contrario, ha affermato come
la città non possa scindere la coesione sociale dalle politiche di sicurezza
sociale. In poco più di un mese sono state registrate ben due morti in strada
dovute a situazioni di solitudine e di povertà che evidenziano un’emergenza a
cui l’amministrazione non riesce a trovare rimedi adeguati.
L’associazione
ritiene dunque necessario avviare politiche volte a ricreare un forte senso di
comunità e una maggior attenzione al prossimo, con un più forte coinvolgimento
delle associazioni di volontariato e una più marcata sensibilità nel trattare
le tematiche del disagio che in passato sono state bollate come degrado e
insicurezza. «L’invito è a recuperare una
maggior umanità e un’attenzione cristiana verso chi ha bisogno - ribadisce
Massimo Soletti dei Popolari per Arezzo. - Le
situazioni di disagio, emerse in tutta la loro drammaticità con la seconda
morte in poche settimane, non possono essere trattate come degrado: una più
mirata attenzione alle politiche sociali ridurrebbe il bisogno delle politiche
per la sicurezza».
La proposta dei Popolari per Arezzo per superare le
situazioni di emergenza è triplice. Innanzitutto l’associazione ritiene
necessario prevedere più contributi orientati all’introduzione di un maggior
numero di persone nelle strutture di accoglienza presenti in città come la casa
“San Vincenzo” della Caritas che ospita chi è in difficoltà abitativa o senza
dimora, fornendo un solido punto di riferimento. In secondo luogo possono
essere sostenute e favorite esperienze sociali già testate da realtà private,
come il cohousing portato avanti dalla Fraternità Federico Bindi Onlus con
spazi comuni destinati ai senzatetto per stimolare la condivisione di risorse e
la socializzazione. L’amministrazione ha infine il dovere di migliorare il
servizio del dormitorio coinvolgendo prima le associazioni per anticipare la
data di apertura, stanziando maggiori risorse e attivando una più forte campagna
di sensibilizzazione per trovare volontari. «La mancanza di adeguate strutture di accoglienza per intercettare e
rispondere ai bisogni rappresenta un dato di fatto - continua Soletti. - L’esempio più emblematico è rappresentato
dalla morte di lunedì di un uomo che, negli ultimi anni, aveva frequentato il
dormitorio e vi trovava un sicuro riparo. Arezzo vanta un tessuto di
volontariato radicato e generoso, dunque il Comune deve far tesoro di questa
ricchezza, facendo da capofila per il coordinamento, l’inclusione e il sostegno
delle sue realtà sociali. È stato dichiarato che “il dolore per la perdita di
una vita umana ci spinge a fare ancora di più”: chiediamo all’amministrazione
cosa significhi concretamente “fare ancora di più”».
Arezzo,
martedì 23 ottobre 2018
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